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I Valdesi dal '48 alla seconda guerra mondiale

 

 

Appunti da una relazione di Giorgio Rochat

 

 

Fuori dalle Valli!

Una straordinaria opera di evangelizzazione Nel 1848 i valdesi ottengono nel quadro dello statuto concesso da Carlo Alberto i diritti politici e civili, piena parità quindi nell'ambito della rivoluzione liberale e anticlericale. Beckwith, l'ex colonnello inglese che sì è preso a cuore la sorte della popolazione valdese, espresse molto bene l'esigenza di uscire dal "ghetto" delle valli per portar la voce del protestantesimo in un'Italia che si stava formando, col motto: «O sarete missionari o non sarete nulla». Comincia così un'attività di evangelizzazione di straordinaria energia, accompagnata da una chiara coscienza di essere italiani, (1860-1900). Altre missioni protestanti straniere compaiono sul suolo italiano in quel periodo dando vita a varie comunità su tutta la penisola, ma ì valdesi sono e si sentono gli unici evangelici e italiani. Cinque sono le figure chiave dell'evangelizzazione di quell'epoca:

- i pastori (o evangelisti);

- i missionari stranieri (inglesi e statunitensi);

- i colportori (col loro bagaglio di bibbie e opuscoli)

- le maestre e i maestri;

- gli emigrati di ritorno (diventati evangelici nei paesi di emigrazione).

L'evangelizzazione valdese si distingue da quella delle missioni inglesi e USA per la forte presenza di pastori e maestri/e provenienti dalle Valli, con una formazione protestante (studi universitari per i pastori, più modesti per i maestri) e, malgrado l'attivismo di molti, con un'esigenza di ordine e stabilità. Una notevole rete di scuole dà base e continuità alla predicazione. Minore in ambito valdesi il ruolo di colportori e emigrati, nullo quello dei missionari stranieri. Una particolare attenzione alle strutture culturali dà vita alla:

- casa editrice Claudiana, Firenze;

- facoltà valdese di teologia, Firenze 1860, poi Roma;

- Rivista Cristiana, diretta da Emilio Comba;

Se vogliamo tentare un bilancio di quel periodo potremmo dire che fallisce il sogno di evangelizzare l'Italia: resta una rete di comunità molto diverse (borghesi nelle grandi città, piccolo - borghesi e proletarie nei centri minori) abbastanza solida da attraversare le crisi successive (chiusura delle scuole, mutamento del clima nazionale, emigrazione) fino ai problemi dei giorni nostri.

E le Valli?

Sappiamo piuttosto poco della realtà economico/sociale delle Valli Valdesi. Dobbiamo rifarci a studi generali sulla società contadina piemontese, senza poter verificare se quella valdese presenta caratteristiche specifiche. Sappiamo che è una società povera (vedi l'emigrazione oltre oceano o verso la Francia, la ricerca di lavori stagionali o l'occupazione come domestiche a Torino). Sappiamo anche piuttosto poco su organizzazione e vita religiosa: tutti da verificare i luoghi comuni della tradizione. Siamo più informati sulla vita culturale e le attività di maggior rilievo, come io sviluppo di opere di istruzione e di assistenza tutte di buon livello e utilità. Da segnalare sono:

1) la capacità della "classe dirigente" valdese (in senso ampio) di unire una piena adesione all'apertura verso l'Italia e all'evangelizzazione con la difesa della propria tradizione e identità (francese come lingua della chiesa, legami con l'estero);

2) la "costruzione" di una storia valdese moderna come basi scientifiche e apertura, capace di vedere come strumento di identità, unità e continuità un'operazione sorretta da una divulgazione buona (vedi la celebrazione della "Glorieuse Rentrée" nel 1889, il recupero dei "luoghi storici" valdesi, e il lancio di Torre Pellice come "capitale" con la Società di studi valdesi, il Collegio ecc.). Rimane aperto (ieri come oggi) il problema dei rapporto tra la vocazione/predicazione e la storia - la storia valdese come testimonianza e traduzione/tradimento della vocazione/predicazione oppure come rifugio, piccola e gratificante certezza umana? In ogni caso in questo periodo la storia valdese e apertura dinamica verso l'Italia e il mondo.

Grande Guerra e Fascismo, elementi di crisi

L'età dei Risorgimento e dell'evangelizzazione sì inquadra nella fase di espansione della grande civiltà liberale, così ricca di valori di libertà e democrazia, così fiduciosa nel progresso umano (industriale, tecnico ecc.), così povera di sensibilità "sociale" (almeno secondo i nostri metri) - una civiltà che ha origine nei paesi protestanti e in essi trova riferimento - una civiltà che esprime sia la teologia liberale (che crede nell'uomo, nel progresso, nella storia), sia la teologia dei risveglio (che rifiuta la storia e la dimensione "politica", ma crede nella possibilità di ricupero dell'uomo e nei valori liberali di base).

All'inizio dei Novecento il clima comincia a cambiare. A sinistra si sviluppa il movimento socialista, fortemente critico (dopo la I Guerra Mondiale il comunismo negherà radicalmente la civiltà liberale), a destra movimenti irrazionalistici e nazionalisti (dopo la guerra avranno spazio movimenti e regimi fascisti). Riprende forza anche un cattolicesimo conservatore e dinamico, l'evangelizzazione incontra resistenze crescenti, la "classe dirigente" valdese si chiude nei giolittismo (un liberalismo prudente).

La 1 Guerra Mondiale segna la crisi di una civiltà. Una guerra terribile e fratricida tra Paesi che si richiamano agli stessi valori liberali, vissuti in chiave nazionalista. La "classe dirigente" valdese vive prima il trauma dello scontro tra i Paesi protestanti cui faceva riferimento, poi la tragedia di una guerra non voluta (salvo poche eccezioni) e pur accettata per fiducia e obbedienza allo stato. I monumenti ai caduti nei comuni delle Valli, terribili nella loro semplicità, dovrebbero essere più noti, studiati e presentati; sono "luoghi storici" valdesi, fanno parte dei nostro passato, anche come chiesa - vedi i convitti di Torre e Pomaretto. Dinanzi al regime fascista, la cultura politica e teologica della "classe dirigente" valdese mostra i suoi limiti. II rinnegamento dei valori liberali, il ricupero dei cattolicesimo conservatore, le discriminazioni, i sospetti, le vessazioni verso molte comunità centro-meridionali sono accettati per obbedienza, ma soprattutto per mancanza di alternative culturali. La teologia liberale non prevede la rivolta contro lo stato (e la teologia della crisi, radicalmente pessimista verso l'uomo, la storia, lo stato, è accettato da una elite). La risposta agli attacchi diretti e indiretti del regime fascista è I'arroccamento sull'identità. La storia valdese è una chiusura adesso, obbligata e dignitosa (vedi l'affresco di Paschetto nella Sala sinodale). II corpo pastorale non era obbligato ad iscriversi al fascio, ma nessuno si oppone apertamente. Non c'è stato nel mondo valdese nessun politico fascista ad alto livello. Alle valli non cambia niente. Non ci sono limiti all'attività dei valdesi, ma controllo sì: approvazioni dei prefetto, rapporti dei carabinieri sulle manifestazioni pubbliche, ecc. L'unico cambiamento visibile nel periodo fascista è l'italianizzazione dei nomi francesi di strade o piazze. Inoltre, dopo il '38 è proibito ai pastori di predicare in francese. Negli anni dei fascismo i valdesi o i protestanti sorvegliati e discriminati non sono tanto quelli delle valli ma quelli del resto d'Italia. Le cariche di podestà, segretario dei fascio, e maresciallo dei carabinieri fino al '39 potevano esser ricoperte anche da valdesi, dopo non più. Resta il fatto che la Chiesa Valdese è l'unica entità che conserva una struttura democratica su tutto il territorio nazionale.

In tutte le scuole valdesi ci si batte per sostituire il crocifisso imposto dal concordato con l'immagine di Gesù che parla ai fanciulli (si scoprirà poi che il pittore dei quadro era ebreo!).

Durante la guerra in Etiopia i valdesi pregano come tutti per la guerra, ma non raccolgono !'oro per la patria. La guerra suscita proteste all'estero, anche in Inghilterra negli ambienti protestanti. Mussolini chiede alla Chiesa Valdese di condannare l'opinione inglese, ma i valdesi non lo fanno. I valdesi sono contrari alla persecuzione degli ebrei, ma in linea di massima non si intromettono nella faccenda. A livello personale molti ebrei sono nascosti nelle valli.

II Guerra Mondiale

Nella seconda guerra mondiale i valdesi sono meno coinvolti rispetto alla prima. Inoltre sono anche richiamati in numero minore rispetto alla prima.

Resistenza

Nelle valli la Resistenza è stata forte. I partigiani hanno sempre rifiutato di dichiararsi valdesi o cattolici. La maggior parte dei pastori si sono prodigati per assistere i resistenti, ma non hanno combattuto. Solo Jacopo Lombardini è andato in montagna autodefinendosi cappellano dei partigiani senza mai toccare un'arma. Era un predicatore laico metodista, lavorava come sorvegliante al Collegio perché aveva dovuto scappare dalla nativa Toscana per antifascismo. Morirà nel campo di concentramento di Matausen il 25 aprile 1945.

     

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