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Passaggio dal valdismo medievale alla Riforma in Val Germanasca.

 

Giorgio Tourn

 

 

Teniamo presente che la Val Germanasca confina con la Val Chisone. La storia della valle è in qualche modo condizionata da quello che succede nel Pragelato. Dall'altra parte la valle confina con la Val Pellice e con Angrogna, valle non rilevante dal punto di vista geografico ma centro di tutte le vicende della storia valdese.

A Pinerolo finiti gli Acaia all'inizio del Quattrocento, arrivano i Savoia, quindi non si passa nessun confine politico tra La Val Pellice e la Val Germanasca, se invece dalla Val S. Martino si passa nel Pragelato si cambia stato. II Pragelato era uno stato per suo conto detto Delfinato (che comprendeva una grossa regione sul versante francese) che entrerà nel `400 a far parte del regno di Francia.

Nell'alto medioevo il Delfinato aveva una gestione amministrativa particolare: il Delfino aveva ritagliato 5 territori detti Escarton: Val Chisone con centro a Pragelato, alta Val Susa con centro a Ulzio, il Briançonese con centro a Briançon, il Queyras con centro a Chàteau Queyras e l'Alta valle Varaita con centro a Casteldelfino.

Gli Escarton erano territori con una certa autonomia amministrativa: il Delfino fissava una quota totale d’imposte da riscuotere e i consoli facevano la ripartizione ("escart" in vecchio francese). I monaci d’Ulzio erano i feudatari dell’alta val di Susa e della Val Chisone: signori, i padroni del territorio a cui si versava la parte pattuita d’ogni raccolto o prodotto, ma sono anche i capi spirituali della zona col compito di fornire i servizi religiosi alla popolazione. II più delle volte si limitavano ad appaltare la messa ad altri, spesso appena capaci di leggere il testo in latino. I soldi che fruttavano la massa in parte, erano consegnati al prevosto d’Ulzio e in parte restavano in mano di che aveva officiato.

Nel Cinquecento il Delfinato era ormai parte del regno di Francia, ma per quanto riguardava gli altri aspetti sopra descritti nulla in sostanza era variato.

Un a cosa importante da ricordare è che l'edificio chiesa a quell'epoca non è né del vescovo né del prete, ma appartiene alla "magnifica comunità" (al comune diremmo oggi) ed è il console (oggi sindaco) che lo gestisce e amministra.

Le chiese allora esistenti nella Val S. Martino erano: S. Martino, Perrero, centro della castellania, Prali e solo dal `400 in poi una chiesetta a Rodoretto e probabilmente una cappella a Massello. Nella bassa valle non c'era nulla.

Si trattava di piccoli locali dove un "sotto-prete" a diceva messa, confessava e basta.

La zona era fin dal `200 abitata da "i poveri".

Questi per parlare di se stessi usavano l'espressione "poveri di Cristo", rifiutando categoricamente l'appellativo "valdese" per il significato dispregiativo che aveva ormai assunto questo termine.

II termine "valdese" aveva due origini diverse: da una parte indicava la discendenza da Valdo, il mercante di Lione, ma derivava anche dal termine provenzale "vaud" o "vald che significava bosco: Valdesi quindi erano quelli che stanno nei boschi, selvatici, ignoranti. Combinando questi due significati di discepoli di Valdo e di "selvaggi" dei boschi l'aggettivo era diventato nel `300 e nel `400 un insulto. I "poveri" rifiutano quest’epiteto che, oltre a tutto, assume una colorazione pericolosissima, specie per le donne, diventato in pratica sinonimo di strega. Sarà solo nel `600 che i Valdesi, ormai protestanti riformati, ricupereranno l'appellativo "valdese" per ricordare la loro origine dando al termine ingiurioso una valenza positiva.

Diversamente da quel che succede adesso, all'epoca della Riforma ogni suddito dì ogni territorio era tenuto a praticare la religione del suo signore, che significava in pratica battezzare tutti i bambini, confessarsi, comunicarsi e ricevere l'estrema unzione. In pratica la vita dei cristiani era racchiusa tra battesimo ed estrema unzione e il percorso tra i due punti scadenzato dalle comunione e confessioni obbligatorie almeno una volta all'anno. Non era certo vietato comunicarsi più spesso, ma di regola la gente non lo faceva perché aveva una gran paura del sacramento, del mistero del corpo di Cristo.

I valdesi si riconoscevano cristiani, cristiani come lo erano gli apostoli.

Per loro la chiesa romana non corrispondeva a quello che sì leggeva nell'evangelo perché era diventata troppo ricca, comandava, e gestiva tutto, quasi sostituendo Gesù, che aveva perso il suo ruolo centrale, ma questo non poteva essere espresso apertamente, pena denuncia e conseguenze gravissime. I "poveri" riescono incredibilmente per trecento anni a mantenere questi due livelli di partecipazione alla chiesa ufficiale e di vita spirituale autonoma fuori della chiesa, accompagnata da un'etica derivante dai vangeli, rigorosamente osservata: rifiuto del giuramento, della menzogna dell'inganno, d’ogni forma di violenza, dell'adulterio, ecc.

I Barba ricevevano la confessione dei fedeli valdesi, ma c'era una grossa differenza dalla confessione della chiesa ufficiale, che si può cogliere dalla lettura dei documenti inquisitoriali che riportano la formula con cui i barba "assolvono" i penitenti. I barba comunicavano il perdono di Dio non assolvevano loro stessi ("ego te absolvo"), facevano semplicemente un annuncio di grazia.

Col passaggio alla Riforma assistiamo ad un cambio radicale nella storia dei valdesi. C'è un salto di cultura immensa tra Medio Evo e `500.

II pensiero dei riformatori, lo stesso modo di leggere la bibbia sono cose molto diverse dall'impostazione medievale.

Tutta la cultura umanistica dell'Italia del `400 contiene quest'arte di leggere i testi antichi, come verità che va capita e interpretata.

La traduzione della Bibbia nelle lingue volgari porta problemi infiniti. Non è più concepibile tradurre da una traduzione (la vulgata latina), bisogna ripescare il testo originale ebraico e greco per entrare veramente nella testa, nella cultura di chi lo ha scritto.

Quando arriva la notizia che in Germania e in Svizzera è nata una nuova forma di fede che si fonda sul vangelo di Gesù, i Valdesi mandano una delegazione a prendere contatto con i riformatori.

C'erano due ordini di problemi: quelli organizzativi e quelli dottrinali. Lutero e gli altri riformatori leggendo e rileggendo il Nuovo Testamento, in particolare le lettere dell'apostolo Paolo, riscoprono il concetto della salvezza per grazia. Dio giustifica il peccatore afferma Paolo in vari modi. Lutero interpreta il verbo giustificare nel senso che Dio ci considera giusti anche se non lo siamo e crea questa formula : simul giusti, simul peccatori. Sul piano organizzativo la clandestinità deve cessare. La chiesa deve essere visibile e organizzata.

Tutti i "poveri" del ducato di Savoia, ovvero della Val S. Martino, Val Pellice, Val d'Angrogna, più delegati del Luberon, Calabria e altre parti del Valdismo dell'Europa meridionale si ritrovano a Chanforan (1532)e si riconoscono più o meno nel pensiero della Riforma. Si stabilisce nella stessa assemblea di far tradurre la bibbia in francese, tenendo conto che il gruppo più consistente di valdesi di quell'epoca viveva in Francia nella regione del Luberon. Esistevano già da tempo antologie bibliche in provenzale, tradotte dal latino.

II Delfinato non risulta che abbia partecipato a questo incontro. Qualcosa d’importante cambia nella vita delle comunità valdesi: si abbandona la clandestinità e si organizza apertamente. Appare assolutamente naturale che il nuovo luogo di riunione per pregare e leggere la scrittura insieme è la chiesa cristiana (di proprietà della magnifica comunità)

che diventa la loro chiesa, almeno in un primo momento, tenendo conto del fatto che la quasi totalità della popolazione è d'accordo sulla nuova forma di vivere la fede cristiana.

Nel Pragelato (fuori della giurisdizione sabauda, su territorio francese) non succede niente eppure un numero ancor più alto della popolazione era valdese rispetto alla Val Pellice. Bisognerà arrivare al 1550 quando due predicatori arriveranno da Ginevra predicando nella nuova forma riformata. Dapprima tentano dì entrare nella chiesa di Fenestrelle senza successo, poi ripiegano sulla cappella della confraternita che sta sopra il forno. La gente è con loro, ma le autorità li cacciano. Sì rifaranno vivi e nel giro dì pochi anni l'intera valle diventerà protestante. Con lo stesso meccanismo della Val Germanasca le chiese esistenti diventano templi del culto riformato.

C'è una differenza tra la Val Germanasca e la Val Chisone, che in parte spiega l'adesione della totalità della popolazione alla nuova forma di culto riformata.

In Val Chisone sganciarsi dalla chiesa cattolica significava sganciarsi dalla Prevostura di Ulzio, alla quale non solo non si dovrà più la decima, ma si potrebbe anche decidere di non pagar più nemmeno le imposte di proprietà.... e si potrebbe addirittura dividersi i terreni e gestirli per conto proprio....

In Val S. Martino, come in Val Pellice e in Val d'Angrogna, è più difficile svincolarsi dalla signoria dei Savoia. Per qualche anno anche qui tutta la popolazione abbraccia la nuova forma religiosa, ma ci sarà una fase di riconquista da parte del mondo cattolico, che butterà fuori i valdesi dalle chiese obbligandoli di fatto a costruirsi dei loro locali di culto (Prali, Rodoretto, Villasecca, Roccapiatta). Una minoranza cattolica sarà sempre presente in tutta la zona del ducato sabaudo.

Com’è potuto avvenire tutto questo? Come hanno reagito le autorità politiche? Perché la chiesa non è riuscita a bloccare questo capovolgimento? La parte del territorio che apparteneva alla Francia segue le vicende del regno di Francia dove si apre un periodo di conflitto e guerre di religione che dura fino all'Editto di Nantes (1598). In particolare la zona che ci interessa (Delfinato) è sotto l'influenza dell'avventuroso personaggio ugonotto generale Lesdiguieres.

II territorio appartenente ai Savoia è in quel momento occupato dall'esercito francese che di fatto arresta ogni attività persecutoria e inquisitoriale per quasi trent'anni. La terza fase sarà il tentativo del duca di Savoia di sradicare la presenza valdese dalle valli.

Emanuele Filiberto, preso possesso del suo ducato nel 1559, applica la legge, diffusa in Europa, del "cuius regio eius religio".

In tutto il Piemonte i sudditi che avevano in qualche modo aderito al protestantesimo o ritornano cattolici o emigrano a Ginevra e dintorni a rafforzare la già consistente comunità di esuli italiani (farmacisti e tipografi di Ginevra sono in gran parte saluzzesi o comunque piemontesi, poiché questa è all'epoca una delle zone più economicamente sviluppate d'Europa ), ma nella zona di Luserna e S. Martino i valdesi (ormai chiesa riformata) rifiutano di emigrare. E’ organizzata una spedizione militare per ripulire le valli dagli eretici. Della Val S.Martino si occupano i signori della valle: i Trucchetti; in Val Pellice il conte della Trinità viene incaricato delle operazioni.

La Val S. Martino confina colla Val Pragelato. La Val Luserna confina con la Val Po che all'epoca era Marchesato di Saluzzo occupato dai Francesi che praticavano una certa tolleranza religiosa. II territorio dei Savoia in questo tratto alpino, si trova quindi incuneato tra due regioni di influenza francese, di relativa tolleranza religiosa, e con una buona parte della popolazione protestante.

A quell'epoca a Pragelato era pastore Tachard, gran personaggio, ex avvocato di Bordaux diventato protestante e mandato nel Pragelato, dopo essersi formato a Ginevra.

Quando il conte Trucchetti assedia Riclaretto pensando di liquidarla facilmente, sul più bello arriva attraverso Villasecca il pastore Tachard con una cinquantina di archibugeri. L'esercito del Pragelato come tutti gli eserciti ugonotti aveva una tecnica militare d'avanguardia.

Tralasciata l'artiglieria troppo scomoda nei movimenti, valutati i fanti e le loro picche non sufficientemente aggressivi, considerando la cavalleria poco adatta in montagna, l'attacco viene sferrato esclusivamente cogli archibugeri mobili e veloci che rappresentavano per l'epoca una potenza di fuoco notevole.

L'esercito sabaudo abituato a tecniche di pianura, non riesce a sfondare la difesa valdese. Emanuele Filiberto, invece di insistere con una guerra troppo impegnativa, col rischio di distruggere parte del suo stesso territorio, preferisce firmare un trattato (1561- Trattato di Cavour) in cui si stabilisce che i valdesi potranno praticare il loro culto con i loro templi nel territorio grosso modo corrispondente a quello che sono oggi le valli valdesi, eccetto Torre Pellice e Luserna S. Giovanni.

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